Augusto Daolio
18 febbraio 1947 – 7 ottobre 1992
Tratto da "Augusto Daolio: musicista, poeta, scrittore"
Augusto Daolio è nato a Novellara (Re) il 18 febbraio 1947. come ebbe a scrivere
lui: "... nel cuore della notte, mentre freddo e brina duellavano con rami
secchi di pioppi e tigli". A sedici anni iniziò la sua avventura musicale con il
complesso dei Nomadi, attività che fu per lui, fino agli ultimi momenti della
sua vita, essenzia le e per la quale il suo impegno fu totale. L’ attività
musicale di Augusto e del suo complesso, di cui era il leader carismatico ha
segnato un' epoca e per tanti giovani degli anni Sessanta e Settanta le loro
canzoni furono una bandiera. Non solo perchè denunciavano il grande disagio di
una gioventù che si sentiva testimone occulta dell' olocausto e che viveva il
malessere di una società in crisi di identità, ma anche perchè contestavano l'
impostazione di un costume religioso che si reggeva sull'ipocrisia e il
perbenismo. Anche se quei giovani ormai sono diventati padri, quelle canzoni
continuano a vivere nei loro cuori e l' amore per queste è stato trasmesso ai
loro figli. Questo a dimostrare che, quando le grandi tematiche della vita
diventano un "sentire comune", non esiste una salto generazionale. La pittura,
altro suo grande impegno artistico, non è mai stata un'attività subalterna a
quella musicale ed era frutto delle sue capacità naturali ed istintive. La sua "maniera'
di disegnare e dipingere non era schiava di un metodo, così come quella di
comporre. Tutto quello che Augusto presentava era sempre e comunque ben radicato
nella natura, madre e ancella di tutte le cose. La fantasia guidava la sua mano
alla ricerca di un mondo surreale e magico. Amava molto dire: "...mi interessa
l' aspetto magico e segreto delle cose, gli enigmi, le illusioni delle ombre".
Queste attività lo hanno portato a girare il mondo e, nonostante il profondo
legame con la sua terra d'origine, era un cosmopolita o meglio: "un uomo del
mondo, un uomo del mio tempo, ma anche un uomo antico". Era autodidatta, pieno
di curiosità e di una carica vitale che gli permisero di vivere un'intensa
seppur breve attività artistica. Il vuoto che ha lasciato è incolmabile, e lo
testimoniano le migliaia di persone che ancor oggi percorrono lunghe distanze
solo per un saluto o per respirare le atmosfere a lui care.
"E'
difficile sai, pensarti così lontano
da quella volontà solo terrena
di credere che il tutto sia spazio, tempo, materia
Sono queste le cose che fanno della vita un gran carcere
e l'evasione più dolce rimarrà sempre la tua ...
Ciao, grande Augusto
Maestro di vita, compagno di mille viaggi.
L'averti saputo amico ci farà scontare pene meno amare ..."
Beppe, Cico, Daniele, Elisa
"IL SUONO DELLE IDEE"
"...Beppe è di Novi, un paese vicino a Modena. Fin da bambino nutriva una grande
passione per la musica ma le possibilità economiche erano scarse. A nove anni i
genitori gli comperarono una fisarmonica; appena undicenne si esibiva da solo
con il suo strumento ai festini organizzati dai giovani della Bassa modenese.
Poi iniziò ad esibirsi con un suo amico, Leonardo Manfredini, che aveva imparato
a suonare la batteria. Avrebbero voluto iscriversi al conservatorio ma proprio
non era possibile; così terminate le scuole dell'obbligo, cominciò a lavorare
dapprima presso una fabbrica di porta ombrelli, poi in un calzaturificio, infine
come addetto alla custodia delle acque minerali. Alla sera però, continuava a
suonare. Nel 1961 fondò il primo complessino con altri ragazzi del paese. I
Monelli, questo era il nome del gruppo, ma nel 1962 si accorsero che il nome
stava un pò stretto e decisero di chiamarsi I NOMADI, espressione di un
desiderio incontenibile di viaggiare, trovare posti e gente, di farsi conoscere.
Proprio quell'anno, 1962, Beppe conobbe Franco Midili, chitarrista di Novellara,
s'incontrarono in una balera, d'estate, a Moglia, in provincia di Mantova.
Franco suonava in un altro gruppo, Beppe gli propose di entrare nei Nomadi, che
non avevano un assetto ancora definito. I genitori spesso facevano pressioni
perchè i giovani desistessero e si dedicassero ad attività più sicure. Nel 1963
Franco disse a Beppe che conosceva un ragazzo di Novellara di 16 anni,
canterino. A Trecenta, durante una serata, Franco chiamò il ragazzo sul palco,
cantò quattro pezzi e piacque moltissimo.
Quel ragazzo era AUGUSTO DAOLIO ........... era il 1963."
Davide Carletti
Alcune sue frasi
"Se quello che mi porta a disegnare è una sottile malattia morbosa,
una piccola lesione, una devianza, uno strappo,
desidero che ciò non trovi mai guarigione,
anzi desidero considerare il disegnare come un lavoro,
anche faticoso, di scavo, di confessione a volte anche dolorosa.
E' allo stesso tempo una fortuna umana, grandissima."
***
Sono tuo amico e fratello perdonami se dico quasi simile a tal punto da confondere i tuoi sentimenti con i miei e con quelli dell'universo.
Sono tuo amico e sono uguale a te e non per caso anzi penseranno a una stramberia quando dico di somigliarti.
Sono come te nei miei desideri nei miei sogni nel mio carattere e nella mia natura più profonda.
***
"Quando non ho voglia di disegnare ho voglia di scrivere,
quando non ho voglia di scrivere e non ho voglia di disegnare ho voglia di viaggiare."
***
...Sono nato al caldo e mi hanno chiamato Augusto, come un nonno che non ho mai conosciuto. Il cognome Daolio mi è stato dato da un uomo semplice e a suo modo dolce e complice. Dall'età di sedici anni canto in un gruppo che si chiama Nomadi, scrivo canzoni e giro il mondo. C'è un altro mondo dentro di me che racconto con il disegno e la pittura, lo faccio da parecchi anni e alberi, rocce, cieli, lune, ombre e altro popolano questi miei racconti. Ho esposto in giro per l'Italia, ho illustrato dischi, libri, cartoline, manifesti. Non disegno per riempire un vuoto ma per vuotare un pieno che è dentro di me e preme. Una specie di confessione, prima ad uno spazio bianco, poi ad occhi che guarderanno. Ho lo studio a Novellara in via de Amicis, il numero credo sia il quarantaquattro, non ho il telefono ma montagne di libri e di oggetti. Le notti invernali nella bassa hanno ancora il profumo delle mele sull'armadio."
***
"Sono stato fortunato: ho incontrato la musica,
ho incontrato la poesia,
ho incontrato l'arte,
ho incontrato le parole.
Voglio dire che non ho cercato niente."
Augusto Daolio
Le sue poesie
Albero caro amico ti scrivo...
è bello che le cose cambino nel tempo
cambino di aspetto come le foglie cambiano colore nel carosello delle stagioni,
è bello pure che in mezzo alle cose che cambiano aspetto, noi si rimanga
uguali,
dicendo cose che ci fanno piacere, facendo cose che ci fanno piacere
...dicendoci "arrivederci alla prossima fermata"
Augusto Daolio
Principe desiderio
Mi è stato promesso in giorni di sole malato
il sapore amaro della morte
ma io non lo conosco ancora.
Conosco però l'impotente bestemmia rabbiosa, lacrimosa
che sale da dentro
per ognuno che parte così all'improvviso senza lasciare indirizzo.
Dietro le spalle solo grandi stanze,
vuote, lunghe, troppo alte, troppo buie.
Io non lo conosco ancora
questo viaggio che immagino faticoso e senza speranza.
E vedo ogni giorno che passa
ogni ora,
pieni di luce e colori.
Non può morire la luce
e finchè il sole si alza sul mondo
fiorisce di bellissimi pensieri, che sono fiori.
Tra le musiche della vita,
la morte è la musica più straziante,
più forte, prepotente, cattiva:
Brucia il foglio della partitura in grigia cenere
e in fiamma tutto riduce,
moure chi ama, chi ha amato
chi canta, chi ha cantato
chi suona, chi ha suonato.
Sapore amaro quello della morte.
Sparite è la luce appena venuta
piccola giovane luce che piano piano cresceva,
senza fretta,
e illuminava noi e i nostri gesti.
Non luce accecante che sfoca i contorni delle cose,
ma buona dolce e semplice
che le cose accarezza.
Sparita è la tua luce come passa via la nebbia dalle nostre parti
ognuno grida
ma la foschia non si dirada.
Muto grido di disperazione.
Sei arrivato altuo porto,
hai abbandonato il tuo remo.
Principe Desiderio
ombra senza età.
Augusto Daolio
Vita
che sembri sogno
invidio tutti in segreto
e di tutti in segreto
m'innamoro.
Chi ucciderai ancora?
Chi porterai alle stelle?
Che altre menzogne inventerai?
Tempo presente
tempo passato
entrambi presenti
nel tempo futuro
e il tempo futuro
è dentro
nel tempo passato
se tutto il tempo
è eternamente presente
Quello che poteva essere
è un'astrazione
che resta una
pèossibilità perpetua
solo nel mondo
delle ipotesi
ciò che doveva essere
ed è stato,
tendono a un solo fine
che è sempre presente.
Passi echeggiano nella memoria
lungo corridoi che non prendemmo mai
verso porte che non aprimmo mai
sul giardino delle rose
Parole echeggiano così nella mente
tempo passato
tempo futuro
ciò che è stato
ciò che poteva essere
tendono a un solo fine
che è sempre presente.
Augusto Daolio
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